Il cavallo di Troia, è probabilmente lo stratagemma ed il mito più celebre della storia.
Dopo dieci anni di Guerra, gli Achei, lo raccontano prima Omero e Virgilio secoli dopo, riuscirono con l’inganno ad entrare dentro le mura della città di Troia.
I greci fingono infatti di desistere dall’assedio facendo partire le loro navi ma lasciano sulla spiaggia, davanti alle mura della città, un immenso cavallo di legno, che al suo interno, nasconde però proprio Ulisse, ideatore dello stratagemma, ed i suoi soldati migliori.
Una delle leggende più note della storia della letteratura mondiale, però, molto probabilmente è nata da un errore di traduzione.
L’Hippos di cui scriveva Omero non era un quadrupede di legno, ma una nave da guerra di tipo fenicio.
Il nome derivava dalla polena a testa di cavallo tipica dell’imbarcazione.
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Il tutto potrebbe essere iniziato nel VII secolo avanti Cristo: delle navi da guerra di cui parlava Omero si era persa la memoria e il termine Hippos ha iniziato ad essere tradotto solo con “equus”, cavallo, per l’appunto.
Ed in questo errore è incorso uno dei più grandi autori latini, Virgilio, che con la sua Eneide ha introdotto il mito del cavallo di Troia nella cultura occidentale.
Seppur errata, nell’immaginario comune, il “cavallo di Troia” resterà sempre metafora di un grande inganno, di uno stratagemma con cui penetrare le difese.
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